CUNEO - Psicologi in linea: ecco i consigli per vincere la paura dell’isolamento

Decine di persone telefonano ogni giorno agli esperti del Santa Croce confessando la loro ansia. Da oggi le risposte arrivano anche online con lo ‘Spazio Antivirale’

Andrea Cascioli 17/03/2020 11:01

 
C’è un nemico invisibile, oltre al coronavirus, che aleggia sulle nostre vite in questi giorni di forzata reclusione. Si tratta dell’isolamento con cui ciascuno è chiamato a fare i conti e che per qualcuno può diventare fonte di insopportabile angoscia.
 
Il problema, di cui vi avevamo parlato su queste colonne pochi giorni fa, è da prendere con la massima serietà. Lo conferma la dottoressa Maura Anfossi, psicoterapeuta cuneese che dal 2016 coordina il Trauma Center dell’ospedale Santa Croce e Carle. Qui un équipe di sei addetti del comparto di Psicologia Ospedaliera si prende cura del benessere mentale di chi è stato investito da eventi traumatici collettivi o personali. Il servizio nacque all’indomani della strage di Nizza, con 86 morti e decine di feriti tra cui alcuni cuneesi. In seguito ha supportato centinaia di persone reduci da traumi come l’attentato di Barcellona, il terremoto delle Marche, la tragedia di piazza San Carlo e il crollo del ponte Morandi.
 
Ora gli esperti del Trauma Center affrontano una nuova sfida, lo stress psicologico da coronavirus. Lo stanno facendo da una settimana mettendosi a disposizione di cittadini e colleghi per colloqui telefonici gratuiti attraverso il numero pubblico della struttura di Psicologia (tel. 0171641136). A partire da oggi, martedì 17, a questo lavoro si affianca una rubrica quotidiana nata per fare fronte allo stress psicologico da coronavirus: si chiama Spazio Antivirale e verrà condivisa sulla pagina Facebook dell’ospedale Santa Croce e Carle con una serie di consigli utili per affrontare le paure e la quarantena.
 
“È un modo per essere vicini a chi è isolato ora che l’attività ambulatoriale è in gran parte sospesa” spiega la dottoressa Anfossi: “Per un mese, dal lunedì al venerdì, a partire da un’azione quotidiana proporremo i nostri pensieri su come continuare a combattere e sperare. Il primo tema è immaginare cosa vorremo fare dopo che l’emergenza sarà finita”.
 
Circa il fatto che l’isolamento forzato si possa considerare a tutti gli effetti un evento traumatico, la psicoterapeuta non ha dubbi: “È potenzialmente molto traumatico, perché si sommano la paura, l’ignoto e l’imprevedibilità. Ognuno di noi è in casa senza un ‘manuale di istruzioni’ dato che non abbiamo mai vissuto un’esperienza del genere. Siamo ‘animali sociali’ e ora ci troviamo costretti a rimanere separati”. Anche per questo a chiedere aiuto, in questi giorni, sono stati molto di più i comuni cittadini che gli operatori sanitari: “Fra questi ultimi c’è molta più fatica che paura, ma stanno reggendo benissimo con una solidarietà incredibile. Medici e infermieri sono semmai preoccupati di non poter fare abbastanza per i pazienti e i colleghi, o temono di contagiare chi vive con loro”.
 
Tra quanti restano fuori dalle mura dell’ospedale, invece, non esiste una categoria più o meno colpita dal ‘contagio’ della paura. L’età media di chi si rivolge agli psicologi si aggira sui 50 anni e c’è una prevalenza delle donne sugli uomini, ma gli operatori registrano chiamate da persone di ogni età e condizione sociale. “Sono soprattutto persone che denunciano la fatica di non poter vedere figli o partner. Chiedono come interpretare le informazioni, come parlarne coi figli, come gestire la perdita di punti di riferimento anche interiori” chiarisce la responsabile del Trauma Center.
 
I quattro consigli per vincere l’ansia dell’isolamento
 
Ogni persona affronta le limitazioni attuali in modo differente, ma secondo la dottoressa Anfossi ci sono alcune azioni che tutti noi possiamo mettere in pratica ogni giorno per stare meglio. In particolare:
 
- occuparsi di almeno un’attività pratica (per esempio riordinare casa, rimettere a posto la libreria o curare i fiori) che contrasta il pensiero negativo e le rimuginazioni
- impegnarsi a fare un’azione ‘di qualità’: può trattarsi di annotare ciò che abbiamo sognato la notte precedente, leggere una poesia, darsi alla preghiera o alla meditazione o in generale curare un interesse
- dedicarsi agli aspetti relazionali della quotidianità: per gli anziani può significare scambiare qualche parola con i vicini dal balcone o in panetteria, mentre i giovani possono aiutarsi molto con mail, chat e messaggi di Whatsapp. Il contatto psicologico, anche breve, nutre la nostra mente
- pensare a chi è in condizioni di fragilità: diverse realtà locali, in questi giorni, offrono la possibilità di consegnare la spesa a domicilio ad anziani e soggetti deboli
 
Tutto questo contribuisce a creare una ‘base sociale sicura’ in un momento in cui non possiamo essere vicini: “Bastano un saluto e un sorriso a chi incrociamo dall’altra parte della strada. Non poniamo barriere, la mente ha bisogno di emozioni positive”.

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