Lauria contro il 5G a Cuneo: ‘C’è un rischio tumori, il sindaco fermi quella tecnologia’
Il consigliere comunale invoca un’ordinanza che sospenda la sperimentazione sul territorio in attesa di nuovi studiSi comincia a discutere anche a Cuneo del 5G, la tecnologia di nuova generazione nella telefonia mobile attorno a cui si consuma nel mondo uno scontro geopolitico tra Cina e Stati Uniti, ma anche uno più allarmante tra chi vuole accelerare la sperimentazione e chi mette in guardia dai possibili rischi sanitari.
In Italia le nuove frequenze sono andate a bando nel 2018 tra i maggiori operatori di rete: Fastweb, Iliad, Tim, Vodafone e Wind Tre. A livello globale, cinque aziende leader (le cinesi Huawei e Zte, le europee Nokia ed Ericsson e l’americana Cisco) controllano il 75% del mercato, ma solo Huawei da sola copre il 30%. Gli Stati Uniti, temendo l’espansione cinese nelle telecomunicazioni, hanno già bandito le multinazionali di Pechino dal processo di realizzazione del 5G, e vorrebbero che gli europei facessero altrettanto.
C’è però un’altra questione aperta, come si è detto. Nel capoluogo della Granda l’ha sollevata il consigliere comunale Beppe Lauria con un ordine del giorno che verrà discusso a settembre: al sindaco Federico Borgna, nella sua veste di “massima autorità sanitaria locale”, l’esponente dell’opposizione chiede “un’ordinanza contingibile e urgente per sospendere la sperimentazione del 5G sul territorio amministrato in attesa della nuova classificazione della cancerogenesi annunciata dall’International Agency for Research on Cancer, applicando il principio precauzionale sancito dall’Unione Europea” e “prendendo in riferimento i dati scientifici più aggiornati, indipendenti da legami con l’industria e già disponibili sugli effetti delle radiofrequenze, estremamente pericolose per la salute dell’uomo”.
Esistono già vari studi i cui risultati possono suscitare più di qualche preoccupazione riguardo agli effetti del 5G sulla salute umana. Lauria li elenca con dovizia di particolari: fin dal 2011, ricorda il consigliere, la Iarc (organismo dell’Oms che coordina a livello internazionale le ricerche sul cancro) ha classificato i campi elettromagnetici delle radiofrequenze come possibili cancerogeni per l’uomo.
“L’1 novembre 2018 - si ricorda - il National Toxicology Program ha diffuso il rapporto finale di uno studio su cavie animali dal quale è emersa una «chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza, come 2G e 3G, sviluppino rari tumori delle cellule nervose del cuore». Il rapporto aggiunge anche che esistono anche «alcune evidenze di tumori al cervello e alle ghiandole surrenali»”. E qui, sottolinea Lauria, “si sta parlando ancora di 2G e 3G, ma ora si vuol introdurre in modo ubiquitario, capillare e permanente il 5G”.
Anche in Italia la ricerca si sta attivando: nel marzo 2018 “sono stati diffusi i primi risultati dello studio condotto in Italia dall’Istituto Ramazzini di Bologna (Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni), che ha considerato esposizioni alle radiofrequenze della telefonia mobile mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program, riscontrando gli stessi tipi di tumore. Infatti, sono emersi aumenti statisticamente significativi nell’incidenza degli schwannomi maligni, tumori rari delle cellule nervose del cuore, nei ratti maschi del gruppo esposto all’intensità di campo più alta, 50 V/m. Inoltre, gli studiosi hanno individuato un aumento dell’incidenza di altre lesioni, già riscontrate nello studio dell’NTP: iperplasia delle cellule di Schwann e gliomi maligni (tumori del cervello) alla dose più elevata”.
Il 2 marzo scorso a Vicovaro, in provincia di Roma, si è tenuto il primo meeting nazionale STOP 5G, promosso dall’alleanza italiana STOP 5G, “a cui hanno aderito numerose associazioni e comitati di malati e preso parte note figure di riferimento della medicina e della scienza italiana”. Dall’assise è emerso un consenso per una risoluzione in cui si chiede al Ministro della Salute di promuovere uno studio preliminare nazionale sugli effetti biologici delle radiofrequenze 4G e 5G presso un ente indipendente e privo di conflitti d’interessi con l’industria, valutata la disponibilità dell’Istituto Ramazzini, e di istituire una commissione di vigilanza permanente per il monitoraggio degli effetti dei campi elettromagnetici, individuando membri della scienza e della medicina indipendente e un coordinamento tra le associazioni dei malati.
Cosa può fare l’amministrazione locale, oltre a sospendere in via precauzionale il 5G? L’ordine del giorno propone di aderire alla richiesta di moratoria lanciata dalle associazioni, “promuovendo allo stesso tempo soluzioni tecnologiche sicure e a basso impatto ambientale e sanitario, quali il cablaggio al posto del pericoloso wireless, cominciando dai luoghi maggiormente sensibili di permanenza continuativa delle persone più a rischio (scuole, ospedali, uffici pubblici, ecc)”.
Ma il discorso va allargato, secondo il proponente, al tema più generale del rischio sanitario sui campi elettromagnetici, promuovendo il monitoraggio delle ripercussioni sulla popolazione e l’ecosistema e attivando a questo scopo anche l’Asl, l’Arpa, il mondo accademico e gli istituti di ricerca indipendenti, che potrebbero valutare i possibili effetti indesiderati della tecnologia 5G sulla popolazione nelle aree individuate per l’eventuale installazione degli impianti.
C’è infine un accenno a una delle questioni più dibattute negli ultimi mesi, il taglio di alberi in città. Lauria interviene a riguardo per chiedere di “monitorare il taglio sconsiderato di alberi ad alto fusto decimati in quanto impedirebbero alle onde 5G di passare, cosa che sta già avvenendo in molte città compresa la città di Cuneo che è sempre stata considerata una città giardino, ma che ha visto proprio negli ultimi mesi un taglio indiscriminato e senza motivazione di piante sane”.
Andrea Cascioli
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