Retromarcia della clinica Monteserrat: ‘Nessun trasferimento dei pazienti Covid-19’
La decisione è stata presa dal direttore sanitario. L’ipotesi era di ospitare una trentina di degenti in via di guarigione nella casa di cura a Borgo San DalmazzoNon ci sarà il paventato trasferimento di pazienti in cura per Covid-19 nella casa di cura Monteserrat di Borgo San Dalmazzo.
L’ipotesi era stata confermata la settimana scorsa dal direttore dell’Asl CN1 Luigi Domenico Barbero. Si valutava di spostare nei CAVS (letti di continuità assistenziale a valenza sanitaria) come Monserrato i pazienti con sintomatologia lieve e nelle RSA (residenze sanitarie assistenziali per anziani) quelli che richiedono un livello di assistenza ancora più basso. Per la casa di cura di Sant’Antonio Aradolo a Borgo, in particolare, l’opzione messa sul tavolo riguardava il trasferimento di una trentina di degenti in via di guarigione. Opzione che pare essere stata accantonata in via definitiva su decisione del direttore sanitario, in base alle relazioni giunte.
I sindacati prendono quindi atto di una scelta che sgombra il campo dalle polemiche. L’eventualità di utilizzare case di riposo ed enti convenzionati con l’Asl come ‘retrovie’ degli ospedali aveva infatti suscitato una dura levata di scudi da parte di Cgil, Cisl e Uil, anche a fronte dell’insorgere di nuovi casi di coronavirus in un numero sempre più elevato di residenze per anziani e strutture assistenziali. Nella giornata di ieri, lunedì 30, è arrivata la smentita dell’assessore alla Sanità Luigi Icardi (“ricoverare pazienti covid nelle residenze sanitarie per anziani? Saremmo dei criminali”), che tuttavia ha parlato di “sette-otto strutture pronte per essere utilizzate per i pazienti post acuzie” in Piemonte. Monteserrat, comunque, non ci sarà.
Per Giuseppe Van Cleeff, referente della Cisl Funzione Pubblica nella struttura borgarina, la questione da porre al centro dell’attenzione resta quella della sicurezza. A Borgo lavorano una ventina di persone tra sanitari, amministrativi e personale delle pulizie, gestendo 36 posti letto. A questi si aggiungono gli operatori che lavorano come liberi professionisti, uno dei quali nei giorni scorsi è risultato positivo al test: “Ma è difficile capire se qualcuno di noi sia positivo non essendoci tuttora una campionatura. Finché restiamo asintomatici siamo precettati al lavoro, indipendentemente dall’aver avuto contatti con chi ha contratto il Covid-19”.
Solo chi ha avuto ‘contatti a rischio’ di almeno quindici minuti con un paziente Covid-19, senza protezioni, viene sottoposto al tampone: “C’è stato un calo - spiega Van Cleeff - perché abbiamo smesso di fare i tamponi anche a molti ricoverati. Non si sa con esattezza chi stia morendo di influenza o polmonite ‘normale’ piuttosto che di coronavirus. Dove sono stati fatti esami a tappeto i numeri sono ben diversi: di qui i 35 casi alla casa di riposo di Villanova Mondovì o i 17 al Centro Ferrero di Alba”.
Anche la Fp Cgil denuncia persistenti carenze sotto il profilo dell’individuazione dei contagiati: “È ovvio che i rischi esistono, possono esserci asintomatici: chiediamo i giusti controlli e che i tamponi vengano davvero fatti, come è stato definito a livello regionale ma come avviene ancora troppo di rado” afferma Luca De Conti. Si tratta, aggiunge, “di proteggere i lavoratori e gli ospiti, sia quelli a rischio che gli altri. Ed è ciò che non sta avvenendo nella pratica”.
Andrea Cascioli
BORGO SAN DALMAZZO lavoro - Borgo San Dalmazzo - sanità - Sindacati - Anziani - Cgil - emergenza - Cisl - Assistenza - Funzione pubblica - coronavirus