MONDOVÌ - Denunciata dall’anziana che assisteva dopo un maxi prestito: per il giudice non fu circonvenzione

La badante aveva ricevuto diverse decine di migliaia di euro da un’ottantenne di Mondovì

a.c. 17/02/2020 16:36

Doveva rispondere di circonvenzione d’incapace ai danni della persona che assisteva, un’anziana della classe 1932 residente a Mondovì, l’imputata assolta stamani con formula piena dal tribunale di Cuneo.
 
Tra il 2010 e il 2014 B.B., ex dipendente di una casa di riposo di Lurisia, aveva instaurato un rapporto di lavoro ‘in nero’ con la signora, già vedova e reduce da un intervento chirurgico che l’aveva molto debilitata. Nel corso di questi anni l’anziana avrebbe concesso forti somme in prestito a colei che la accudiva e alla sua famiglia. Non è stato possibile tuttavia accertare l’entità esatta di questi prestiti nemmeno al termine dell’istruttoria: l’accusa ha ipotizzato un totale di circa 50mila euro tra assegni e contante, di cui oltre 30mila documentati. Il marito di B.B., sentito come testimone, ha ammesso l’esistenza di un prestito da 20mila euro - in parte coperti da un assegno intestato a una delle figlie della coppia, fatto che ha complicato ancor più la quantificazione del presunto danno: “Avremmo restituito il prestito, certo non in una volta sola ma nel tempo. Col processo però si è fermato tutto”.
 
Centrale è stata la valutazione dello stato psicologico della parte offesa, considerando che è trascorso ormai quasi un decennio dai fatti e la signora è nell’88esimo anno di età. La dottoressa che l’ha tuttora in cura ha confermato lo stato di temporanea depressione nel periodo successivo all’operazione chirurgica del 2010, ma ha aggiunto che nulla portava a supporre una compromissione delle sue facoltà mentali.
 
Secondo la pubblica accusa, nondimeno, una certa sudditanza psicologica era evidente nel suo comportamento: “L’imputata chiedeva denaro con insistenza e la signora afferma ‘speravo me li restituisse’” ha ricordato il procuratore Alessandro Bombardiere, aggiungendo che in seguito “l’anziana ha confermato di essersi dovuta trasferire in casa di cura perché aveva finito i soldi”. A carico dell’imputata era stata quindi chiesta la condanna a due anni e tre mesi di reclusione, cui si era associata la parte civile domandando un risarcimento di 40mila euro: “La signora è vedova, senza figli e priva di una rete amicale. Si è affidata a una persona che aveva conosciuto in un momento doloroso della sua vita”.
 
Il difensore di B.B., l’avvocato Thomas Bassino, ha rilevato come la querela sia partita da una richiesta di informazioni a un istituto di credito finalizzata alla restituzione del prestito: “Non si ipotizzava, all’epoca, un’incapacità neanche parziale di comprendere o esprimere la propria volontà da parte di chi aveva concesso il denaro”. Quanto alla condizione depressiva, “il medico ha parlato solo di una mancanza di stimoli e sottolineato la fermezza di carattere della sua paziente”.
 
Il verdetto di assoluzione del giudice Massimo Scarabello è stato accolto con ovvia soddisfazione dalla difesa. A nome dell’imputata, il legale ha ricordato che quest’ultima “si era sempre detta estranea ai fatti ed è felice che al termine del dibattimento si sia pervenuti ad una sentenza assolutoria con formula piena. Spesso i processi si trasformano per loro stessa natura in una sorta di pena, specialmente per questo tipo di contestazioni, ma non poteva arrivare pronuncia più favorevole”.

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