'Braccianti sfruttati, orari troppo lunghi e salari bassi': in un rapporto Onu le accuse all'industria alimentare italiana
L'inviata delle Nazioni Unite Hilal Elver, esperta in Diritti Umani, ha passato in Italia undici giorni soffermandosi anche sulla realtà cuneese“Orari eccessivamente lunghi”, “salari troppo bassi per coprire i bisogni elementari”, “migranti senza documenti lasciati in un limbo, senza poter accedere a lavori regolari”. Sono alcuni passaggi del rapporto stilato da Hilal Elver, inviata dell'Onu esperta di diritti umani, che nel mese di gennaio ha passato undici giorni in Italia focalizzandosi sul funzionamento del sistema alimentare. I risultati preliminari della sua “missione” sono stati presentati in una conferenza stampa a Roma venerdì 31 gennaio e ripresi da “Repubblica”.
La relatrice delle Nazioni Unite è stata nel Lazio, in Lombardia, in Toscana, in Puglia, in Sicilia e in Piemonte, dove ha incontrato tra gli altri anche un referente di Saluzzo Migrante, progetto della Caritas saluzzese. Un tema, quello dei migranti, che si lega a doppio filo con quello dello sfruttamento in agricoltura: secondo il rapporto stilato da Hilal Elver circa la metà della manodopera del settore in Italia è costituita proprio da braccianti migranti.
Anche la nostra provincia negli ultimi anni è stata toccata da vicino dai fenomeni dello sfruttamento e del caporalato: è di ottobre la sentenza del Tribunale di Cuneo che ha condannato a due anni e mezza un quarantenne indiano che ricattava alcuni braccianti tra Boves e Borgo San Dalmazzo, mentre a settembre i Carabinieri avevano erogato sanzioni per 15 mila euro ad alcune aziende agricole del saluzzese, solo per citare alcuni tra i casi più recenti.
Il quadro delineato dall'inviata dell'Onu restituisce un'immagine decisamente sconfortante per il nostro paese: “Come terza economia in Europa, - si legge in un altro passaggio - questi livelli di povertà e di sicurezza alimentare sono inaccettabili. Da nord a sud, centinaia di migliaia di braccianti lavorano la terra o accudiscono il bestiame senza protezioni legali o sociali adeguate. E sotto ricatto, con la minaccia costante di perdere il lavoro, di venire rimpatriati con la forza o di diventare oggetto di violenza fisica e morale”.
Lo sfruttamento della manodopera, secondo Hilal Elver, non è l'unico modo in cui l'illegalità invade la filiera alimentare italiana: l'inviata dell'Onu parla nel suo rapporto di “prodotti contaminati abbandonati nelle aree rurali, bruciati o versati nei fiumi; di mercati all'ingrosso in cui gli agricoltori sono costretti ad accettare prezzi così bassi da metterne in gioco la sopravvivenza; dell'acquisto di terra con soldi denaro frutto di attività illegali; dell'uso frequente di fertilizzanti contraffati o tossici, spesso spruzzati da lavoratori senza conoscenze né misure di sicurezza". Nel rapporto anche una critica al Decreto Sicurezza voluto da Salvini: "Ha contribuito alla crescita dei migranti senza documenti e la 'illegalizzazione' dei richiedenti asilo e spinto sempre più persone nel lavoro irregolare".
La relatrice dell'Onu presenterà il rapporto finale alla sessione del Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra nel marzo di quest’anno.
a.d.
CUNEO Onu